L’UOMO, GLI ANIMALI E LA SCIENZA

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L’uomo é l’essere più aggressivo e spietato comparso sul globo terrestre, per convincersene é sufficiente leggere il brano tratto da “LA PELLE” di Curzio Malaparte riportato di seguito, il quale dimostra quanto impietosa possa essere la sua opera anche paludata da scienza:

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« Un giorno Febo uscì e non tornò più. Lo aspettai fino a sera e, scesa la notte, corsi per le strade, chiamandolo per nome. Tornai a casa a notte alta, mi buttai sul letto, col viso verso la porta socchiusa. Ogni tanto mi affacciavo alla finestra e lo chiamavo a lungo, gridando.
All’alba corsi nuovamente per le strade deserte, fra le mute facciate delle case che, sotto il cielo livido, parevano di carta sporca. Non appena si fece giorno corsi alla prigione municipale dei cani. Entrai in una stanza grigia, dove, chiusi in fetide gabbie, gemevano i cani dalla gola ancora segnata dalla stretta del laccio del chiappino. Il guardiano mi disse che forse il mio cane era rimasto sotto una macchina o era stato rubato, o buttato a fiume da qualche banda di giovinastri. Mi consigliò di fare il giro dei canai: chi sa che Febo non si trovasse nella bottega di qualche canaio?
Tutta la mattina corsi di canaio in canaio e finalmente un tosacani, in una botteguccia di Piazza dei Cavalieri, mi domandò se ero stato alla Clinica Veterinaria dell’Università, alla quale i ladri di cani vendono, per pochi soldi, gli animali destinati alle esperienze cliniche.
Corsi all’Università, ma era gia passato mezzogiorno e la Clinica Veterinaria era chiusa. Tornai a casa. Mi sentivo nel cavo degli occhi un ché di freddo, di liscio, mi pareva di avere gli occhi di vetro.
Nel pomeriggio tornai all’Università, entrai nella Clinica Veterinaria. Il cuore mi batteva, non potevo quasi camminare, tanto ero debole e oppresso dall’ansia. Chiesi del medico di guardia, gli dissi il mio nome. Il medico, un giovane biondo, miope, dal sorriso stanco, mi accolse cortesemente e mi fissò a lungo prima di rispondermi che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarmi.
Aprì una porta, entrammo in una grande stanza nitida, lucida, dal pavimento di linoleum azzurro. Lungo le pareti erano allineate, l’una a fianco dell’altra, come letti di una clinica per bambini, strane culle in forma di violoncello: in ognuna di quelle culle era disteso sul dorso un cane dal ventre aperto, o dal cranio spaccato, o dal petto spalancato. Sottili fili d’acciaio avvolti intorno a quella stessa sorta di viti di legno che negli strumenti musicali servono a tender le corde, tenevano aperte le labbra di quelle orrende ferite: si vedeva il cuore nudo pulsare, i polmoni dalle venature dei bronchi simili a rami d’albero, gonfiarsi proprio come fa la chioma di un albero nel respiro del vento; il rosso, lucido fegato contrarsi adagio adagio; lievi fremiti correre sulla polpa bianca e rosea del cervello come in uno specchio appannato: il groviglio degli intestini districarsi pigro come un nodo di serpi all’uscir dal letargo. E non un gemito usciva dalle bocche socchiuse dei cani crocifissi.
Al nostro entrare tutti i cani avevano rivolto gli occhi verso di noi, fissandoci con uno sguardo implorante e, al tempo stesso, pieno di un atroce sospetto: seguivano con gli occhi ogni nostro gesto, ci spiavano le labbra tremando. Immobile in mezzo alla stanza mi sentivo un sangue gelido salire su per le membra: a poco a poco diventavo di pietra. Non potevo schiuder le labbra, non potevo muovere un passo.
Il medico mi appoggiò la mano sul braccio, mi disse: “coraggio”. Quella parola mi sciolse il gelo delle ossa; lentamente mi mossi, mi curvai sulla prima culla, e di mano in mano che progredivo di culla in culla il sangue mi tornava al viso, il cuore si riapriva alla speranza.
A un tratto vidi Febo … Era disteso sul dorso, il ventre aperto, una sonda immersa nel fegato. Mi guardò fisso e gli occhi aveva pieni di lacrime: aveva nello sguardo una meravigliosa dolcezza. Non mandava un gemito, respirava livemente, con la bocca socchiusa, scosso da un tremito orribile. Mi guardava fisso e un dolore atroce mi scavava il petto. “Febo”, dissi a bassa voce. E Febo mi guardava con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Io vidi Cristo in lui, vidi Cristo in lui, crocifisso, vidi Cristo che mi guardava con gli occhi pieni di una meravigliosa dolcezza. “Febo”, dissi a bassa voce, curvandomi su di lui e accarezzandogli la fronte. Febo mi baciò la mano e non emise un gemito.
Il medico mi si avvicinò, mi toccò il braccio: “Non potrei interrompere l’esperienza – disse – è proibito, ma per voi … Gli farò una puntura. Non soffrirà”.
Io presi la mano del medico fra le mie mani e dissi, mentre le lacrime mi rigavano il viso: “Giuratemi che non soffrirà”. “Si addormenterà per sempre – disse il medico – vorrei che la mia morte fosse dolce come la sua”.
Io dissi: “Chiuderò gli occhi, non voglio vederlo soffrire. Ma fate presto, fate presto!”.
“Un attimo solo”, disse il medico, e si allontanò senza rumore. Scivolando sul molle tappeto di linoleum. Andò in fondo alla stanza, aprì un armadio. Io rimasi in piedi davanti a Febo, tremavo orribilmente, le lacrime mi solcavano il viso. Febo mi guardava fisso e non il più lieve gemito usciva dalla sua bocca, mi guardava fisso con una meravigliosa dolcezza negli occhi.
Anche gli altri cani, distesi sul dorso nelle loro culle, mi guardavano fisso. Tutti avevano negli occhi una dolcezza meravigliosa, e non il più lieve gemito usciva dalle loro bocche.
A un tratto un grido di spavento mi ruppe il petto: “Perché questo silenzio – gridai – che è questo silenzio?”. Era un silenzio orribile, un silenzio immenso, gelido, morto, un silenzio di neve.
Il medico mi si avvicinò con una siringa in mano: “Prima di operarli – disse – gli tagliamo le corde vocali” ».

L’UOMO, GLI ANIMALI E LA SCIENZAultima modifica: 2017-11-03T18:49:53+01:00da Quivisunusdepopulo
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Commenti

L’UOMO, GLI ANIMALI E LA SCIENZA — 24 commenti

  1. Vorrei non aver letto…ho il cuore pesante e gli occhi affogati in un mare
    che non vuol uscire. Orrendo l’uomo, profanatore di ogni pietà. Inutile domandarsi “come si può?”..Evidente che si può e senza alcun rimorso. Per la scienza, per la ricerca? Potrebbero operare senza che l’animale sentoisse dolore…che senso ha il dolore? Non lo possono misurare, è soltanto delirio di onnipotenza e abisso della pietà. La legge dovrebbe impedire certi “esperimenti” a vivo, ma dubito che ciò avverrà. Mi fermo, non mi sento bene. Buongiorno.

  2. 2 ore fa RavvedutiIn2

    Ci dovrà pur essere in futuro, un futuro spero non lontano, il momento in cui noi esseri umani capiremo che, IN PRIMIS, ci converrà restare più o meno intorno a questo ” numero” demografico, cioè intorno ai sette o otto miliardi di persone. Allo stesso tempo ci converrà bandire tutte le armi e tutte le ideologie, le ideologie hanno sempre e solo ucciso. Scusa per queste due digressioni, ma digressioni non sono, se cogli il senso di quel che voglio dire. Stiamo uccidendo il pianeta ed è inutile sperare di poter emigrare su altri pianeti per distruggere anche quelli. Su di un tema come quello proposto da Febo, Dio mio, non ho niente da aggiungere, se non che noi umani, per quanto a mio modo di vedere toccati da Dio, restiamo comunque malvagi, basti vedere che razza di società abbiamo messo in piedi, fra secoli e millenni di guerre, basti capire che a causa del denaro muore tantissima gente.

    • Caro RavvedutiIn2, forse sette od otto miliardi di persone sono anche troppi, basti pensare che oggi più di un miliardo soffre la fame e che per tale privazione muoiono milioni di bambini. Per il resto sono pienamente d’accordo con te, salvo che l’emigrazione su altri pianeti non mi sembra assolutamente possibile tenuto conto che il più vicino ipoteticamente abitabile si trova ad undici anni luce dalla terra, cioè ad oltre settantamila anni alla velocità maggiore che possiamo immaginare raggiungibile. Con molta cordialità.

  3. Ricordavo questo brano. Devo aver letto il libro in passato, ma con orrore forse lo avevo rimosso. Come si puo’ commentare una cosa del genere? come si può giustificare in nome di una scienza malata e ipocrita, torturare dei poveri ed inermi esseri per qualcosa che non è scientificamente dimostrato, oltretutto. E poi ho immaginato, come in qualche film di fantascienza, ho visto noi umani, che subivamo lo stesso trattamento che noi riserviamo a quest povere cavie, per mano di esseri alieni, che ci rapiscono e ci studiano, ci fanno a pezzi, noncuranti del nostro dolore, la nostra paura. Chissà se la riterremmo una giusta causa. L’uomo è la creatura più malvagia in assoluto, ma sta decretando la sua fine con le sue stesse mani. Questa è giustizia, anche se non potremo mai pareggiare il conto.

    • Buonasera gentile signora, chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo al suo commento, ma se non avessi visto svanire la mia risposta ad altre considerazioni sull’argomento non lo avrei mai trovato, purtroppo il sistema non é perfetto ed é imprevedibile come la possibilità che si avveri ciò che lei ha immaginato per dar sfogo al suo senso di giustizia. Cordiali saluti

  4. Buongiorno, Caro Amico. Ho rilevato di non averti lasciato un mio commento allo straziante racconto della storia di Febo. Vado a “ruota libera”: non credo che nel “mondo di Febo” usino fare gli stessi esperimenti che invece si fanno in quello definito “umano”. In questo, a sentire, alcuni giorni addietro, un “attempato” uomo della politica (già imprenditore definito di successo), si potrà vivere fino a 125 anni e la notizia la supportava col dato scientifico di un noto ospedale di Milano. Va bene. Mettiamo pure che sarà possibile arrivare perfino a 125 anni in questo secolo (ma lo dubito, vista la grande stupidità e stoltezza in giro)ma per fare cosa ? E a discapito di chi ? Vivisezionando ancora tanti altri cani come Febo, oppure passando direttamente agli esseri umani per abbreviare le fasi di sperimentazione ? Stamattina – venendo alla realtà – un amico mi ha fatto notare che un aitante giovane di colore (extracomunitario) stava entrando in un portone con una piacente cinquantenne che abita nel condominio. Non aggiungo altro, né faccio alcun commento, perché non m’interessa, ma l’episodio lo riporto per aggiungere la stessa riflessione che ho fatto con lui, e cioè: la natura fa il suo corso. Non si cura minimamente degli esseri umani, che sono anch’essi un marginale strumento di un più grande Disegno. Fino a qualche anno fa si riteneva che il nostro antenato, l’homo sapiens, grazie a questa sua abilità (la sapienza), avesse “sconfitto” il “povero” Homo di Neanderthal, ritenuto meno sapiens. Le più recenti scoperte hanno fatto emergere che nel DNA di “noi sapiens” c’è la presenza del DNA dell’uomo di Neanderthal. Vorrei continuare sul tema, ma credo che ormai sia superfluo, perché è ben chiaro il senso…
    E allora, gli uomini potranno pure continuare a strappare il cuore ai cani per vedere se possano continuare a vivere senza il cuore, al fine di poter allungare la propria vita fino a 125 anni, ma la natura sarà sempre indifferente… e ciò che alla fine prevarrà è solo il DNA che sarà trasferito (e non è detto che sarà quello dell’uomo bianco che vuole vivere fino a 125 anni).

    • Amico mio buonasera, per la verità a questo tuo commento, finito inopinatamente in spam (?), avevo già dato riscontro, ma poichè il mio scritto ancora una volta si é perso nel web sono costretto a sintetizzare i miei pensieri a riguardo: 1) nel mondo animale quando per necessità vitali si cattura una preda si cerca di procurarne la morte nel più breve tempo possibile perché non bisogna sprecare energie; 2) al contrario l’uomo studia e conduce esperimenti, a volte cruenti, per poter prolungare la vita fino a 125 anni (per ora), però non intende procrastinare l’età del pensionamento e senza preoccuparsi della ricerca delle necessarie maggiori fonti di finanziamento chiede addirittura (e spesso giustamente) l’aumento dell’assegno pensionistico; 3) l’episodio della signora mi sembra la giusta conseguenza della quasi conseguita eguaglianza dei sessi; 4) nel nostro DNA di “sapiens” si trova solo quello dei Neangerthal perché già reperire quest’ultimo é stato estremamente difficile, ma certamente c’é anche quello degli ominidi più antichi, visto che solo da cosa nasce cosa; 5) in ogni caso il DNA non ha colore, quelli diversi della pelle, come i diversi tratti somatici, costituiscono solo l’adattamento alle diverse condizioni ambientali. Ti saluto caramente chiedendoti di scusare la mia pedanteria.

      • Verissimo, le differenze somatiche, di colore della pelle o di taglio degli occhi, o la forma del naso, interessano una minima parte del DNA. Oltre a questo, pare certo che tutte le etnie presenti al mondo derivino dai primi ominidi che vivevano in alcune zone dell ‘Africa centrale. Questo alla faccia di tutte le teorie di presunta superiorità razziale di qualche etnia rispetto a qualcun’ altra.

        • Ciao Roberto, alcune di quelle differenze somatiche sono contenute nel DNA, però con il tempo tendono ad affievolirsi in ragione delle diverse condizioni ambientali, nonchè in conseguenza della progressiva ibridazione che finisce per influire sul carattere dominante o recessivo dei geni. Tuttavia non credo che al presente sia possibile prevedere quale aspetto avranno gli uomini del futuro, ammesso che per essi ci sia un lontano futuro, cosa di cui é possibile dubitare! Tanti auguri di bun anno nuovo.

  5. Non ci sono parole per descrivere l’orrore di cui l’essere umano è capace, visto che non si limita agli animali, ma le stesse cose le mette in pratica anche con i suoi simili. La storia insegna, solo che l’uomo non impara e continua imperterrito a fare del male. Sono qui col mio cagnolino vicino e leggere questo scritto mi ha fatto rabbrividire come ogni volta mi succede quando mi capita di leggere di questi esperimenti sugli animali. Buona serata e con l’occasione Buon Natale. Tina

    • Buonasera signora Tina, non so che cosa ha letto dei miei post, quello al quale si riferisce l’ho voluto inserire perché ciò che fa rabbrividire nel constatare l’assoluta mancanza di sensibilità dell’uomo verso la sofferenza altrui, al di là dello spettacolo offerto dagli esperimenti effettuati con la vivisezione, é la spiegazione finale del motivo del silenzio, cioè la privazione di quei poveri esseri anche della possibilità di urlare la propria sofferenza per evitare agli operatori, se non il rimorso, quantomeno il continuo ricordo del male compiuto. Buon Natale e buon anno anche a lei.

  6. E’ davvero di cuore che auguro a Te a alla tua famiglia un sereno Natale e un felice anno nuovo, con affetto.

    • Ciao Nina, ricambio con sincero affetto gli auguri per il Santo Natale e per il prossimo anno, con la speranza che sia foriero di pace e serenità per tutti. Un caro saluto.

    • Buongiorno Vittoria, l’essere umano ha conquistato il predominio su tutti gli altri proprio per la sua maggiore aggressività, in grado di sfociare nella più abbietta crudeltà. Cordiali saluti.

  7. Posso solo dirti che sottoscrivo senza riuscire ad aggiungere altro il commento di Licsi e di tutti quelli che non solo inorridiscono di fronte a queste esperienze ma non si danno proprio una ragione per l’incapacità realmente disumana di provare empatia per la sofferenza di una creatura – umana o animale che sia – ma a differenza di molti lettori non sono riuscita ad arrivare alla fine, o meglio, ho letto a tratti saltando volutamente alcune parti perché, per preservarmi da una sofferenza che in questo momento non so quanto potrei sopportare, forse vigliaccamente e forse saggiamente mi sono tutelata. Questo però non significa e non deve significare non sapere e non significa non lottare contro un sistema che è molto più di uno scandalo per ogni ragione umana funzionante. Capisco che vuol dire ritrovare nello sguardo di un animale, di un cane – totalità pura di abnegazione – quello pieno di compassionevole perdono, di amore e di croci del Cristo, perché penso ogni giorno che la capacità di dare, incondizionatamente elargita nel DNA di un cane, sia una quotidiana espressione tangibile dell’amore di un Dio che non vediamo con gli occhi. E capisco chi scrive di non sentirsi bene.

  8. Continuo a provare a lasciarti il commento, ma non lo vedo una volta dato l’invio – nemmeno in attesa di moderazione – mentre l’altro, sotto il post “Salviamo i lupi” era visibile… Ci provo ancora: Posso solo dirti che sottoscrivo senza riuscire ad aggiungere altro il commento di Licsi e di tutti quelli che non solo inorridiscono di fronte a queste esperienze ma non si danno proprio una ragione per l’incapacità realmente disumana di provare empatia per la sofferenza di una creatura – umana o animale che sia – ma a differenza di molti lettori non sono riuscita ad arrivare alla fine, o meglio, ho letto a tratti saltando volutamente alcune parti perché, per preservarmi da una sofferenza che in questo momento non so quanto potrei sopportare, forse vigliaccamente e forse saggiamente mi sono tutelata. Questo però non significa e non deve significare non sapere e non significa non lottare contro un sistema che è molto più di uno scandalo per ogni ragione umana funzionante. Capisco che vuol dire ritrovare nello sguardo di un animale, di un cane – totalità pura di abnegazione – quello pieno di compassionevole perdono, di amore e di croci del Cristo, perché penso ogni giorno che la capacità di dare, incondizionatamente elargita nel DNA di un cane, sia una quotidiana espressione tangibile dell’amore di un Dio che non vediamo con gli occhi. E capisco chi scrive di non sentirsi bene.

    • Buongiorno gentile signora, i suoi commenti reiterati sono talmente esaustivi che non hanno bisogno di ulterioti parole, io ho allevato amatorialmente una razza canina ingiustamente ritenuta cattiva, ma posso dire con assoluta certezza che tutti i miei cani, di cui ricordo singolarmente la personalità (e ciò non deve sembrare una esagerazione) mi hanno dedicato il loro amore più assoluto ed il piacere di sentirmi dire che essi erano i pazienti ideali dei veterinari frequentati per la loro cura. Quanto alle sensazioni suscitate in me dal racconto posso aggiungere che esse non sono state dissimili dalle sue e da quelle di Licsi e che ho deciso di postare il brano di Malaparte proprio per far capire che gli animali non sono diversi da noi per sentimenti, sofferenza e sensibilità, ma sono privi della malvagità propria dell’uomo: per convincersene é sufficiente gurdare il comportamento degli elefanti nei confronti dei resti dei loro simili e nella cura della prole. Penso che non possiamo che vergognarci a proposito delle ultime dolorose vicende di cronaca che hanno raccontato di bambini barbaramente uccisi per motivi egoisticamente futili. La ringrazio per l’intervento e la saluto con cordialità.