Ahi serva Italia di dolore ostello,….non donna di province , ma bordello!

Sul Blog VORREI  leggo un post intitolato “Brutti, sporchi e cattivi” di Marco Travaglio. (di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano).

Lo scritto inizia così: “Altri dieci buoni motivi per cui i 5Stelle non potranno mai governare né Roma, né l’Italia, né un condominio” e prosegue riportando il lungo elenco, fatto dal suddetto giornalista, di politicanti e presunti reati dai medesimi commessi, intercalato dal ritornello “Caos Roma, Raggi nella bufera, Virginia vattene” o simili.

La lettura é deprimente, non tanto per la povertà del linguaggio quanto per l’ampiezza del fenomeno corruttivo, che viene   messo in evidenza come abituale e generalizzato in tutti i settori della vita politica ed economica del Paese.

Tuttavia ciò che lascia ancor più stupefatti é che, adeguati all’indicato andamento della società italiana, ci siano in giro tanti, ma tanti, nuovi Pecorelli!

 

 

 

Ahi serva Italia di dolore ostello,….non donna di province , ma bordello!ultima modifica: 2017-01-06T18:32:40+01:00da Quivisunusdepopulo
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Ahi serva Italia di dolore ostello,….non donna di province , ma bordello! — 7 commenti

  1. Non ho letto il testo dell’editoriale di Travaglio sul Fatto Quotidiano. Ho letto, in verità, un paio di suoi saggi, e l’ho ascoltato anche in teatro. Mi sembra persona meticolosa, per cui stento a credere che si sia lasciata andare a commenti frivoli, poco impegnati. L’ho spesso ascoltato anche in alcune trasmissioni televisive, e mi è sempre apparso come un giornalista impegnato e professionale (e non solo perchè il suo maestro pare sia stato Montanelli). So bene, comunque, che non gode di molte simpatie (una volta ebbi occasione di scambiare delle riflessioni scritte con un notissimo giornalista, il quale non lo digeriva, ma, in verità, era altrettanto ricambiato, e nel saggio che avevo letto lo aveva “stroncato” duramente).Mi risulta anche che nel mondo della politica è mal digerito, e sono tantissimi gli elettori di alcuni partiti di maggioranza che lo detestano. Personalmente cerco di sforzarmi di non lasciarmi condizionare dalle simpatie e dalle antipatie e, per quanto possibile, di stare sui fatti. Non ho la certezza di valutare questi sempre in modo corretto, tuttavia m’impegno ad elaborare una mia opinione.In ordine ai problemi italiani non vi è dubbio che L’Italia stia vivendo una fase molto critica; così come non si può negare che la corruzione sia ormai endemica, e che il senso dell’impunità sia ormai divenuto tanto diffuso che non fa più alcuno scalpore. Si dirà: ma è sempre stato così. Anche nei secoli passati; basti ricordare le famose “Verrine” di Cicerone. Io, però, amo sognare, anche ad occhi aperti, per questo continuo ad essere sicuro che c’è ancora tanta parte sana nel Paese. Bisogna, però, farla emergere. Si è perduto il senso di Comunità-statale e le cariche pubbliche sono diventate puro esercizio del potere, col solo fine del potere e dell’arricchimento. Invece il potere è servizio, e soprattutto in democrazia. Servire per essere serviti, ed essere serviti per servire. Questo è il mio Paese. Buon anno.

    • Buonasera egregio amico, la ringrazio innanzitutto per la visita ed il suo contributo sempre colto e moralmente elevato.
      Il mio post prendeva in considerazione quello letto sul blog VORREI, credo correttamente sintetizzato anche con riferimento alla parte in cui riportava per sunti l’articolo comparso su “IL FATTO QUOTIDIANO”.
      Del giornalista Marco Travaglio, la cui preparazione e professionalità non discuto, non ho difficoltà a confessare che non gode della mia simpatia per la sua abitudine a parlare ex cathedra sempre e solo per criticare i difetti e le malefatte di qualsiasi personaggio pubblico, sarà una mia mancanza, ma non credo di averlo mai ascoltato parlar bene di qualcuno o fare un discorso propositivo.
      So bene che la perfezione non esiste e che qualsiasi uomo esposto alla luce non può non proiettare la sua ombra, come so pure che la disonestà nella nostra società é atavica, come già rilevava Mitridate, che però dovette rendersi conto che anche la sua parte non ne era esente, ma, come lei, spero anch’io che ci sia ancora tanta parte sana nel Paese.
      Non credo di sbagliarmi nel dire che la sua affermazione finale é molto cristiana! buon anno.

  2. Egregio “Amico virtuale”, come Lei preferisce, io credo che ognuno di noi abbia il dovere di superarsi rispetto ai vincoli e ai desideri più infimi che navigano nella profondità della psiche. Anche la “simpatia” e “l’antipatia” stimolano solo la nostra parte “sensiva” e, come qualcuno dice, “a pelle”, a volte esprimiamo i nostri giudizi affrettati, così dopo risulta essere difficile poterli cambiare (l’orgoglio è sempre presente e pronto per fare la sua parte). Credo che ognuno di noi abbia, in fondo, una parte di umanità e che a volte venga repressa per una pura difesa avanzata e preventiva. Ieri sera ho ascoltato un “Faccia a Faccia” tra Minoli e il regista Sorrentino. Quest’ultimo non mi è mai sembrato particolarmente “simpatico”. Durante l’intervista è emerso che egli, nativo e residente a Napoli, a 17 anni è rimasto orfano di entrambi i genitori. Alla domanda del giornalista su come avesse poi vissuto la sua vita successiva egli rispondeva che quella sua “ferita” non si è mai rimarginata. Ecco che all’improvviso io ho creduto di cogliere perfino nel suo sguardo una tristezza che prima forse non comprendevo. Tornando ora a Travaglio. Concordo certamente sui suoi caratteri ruvidi, spigolosi, pungenti, tipici di chi si difende contro tutti e a prescindere. Ma non so niente della sua vita privata, e non è una lacuna di poco conto. Perciò lo valuto soltanto come svolge il suo ruolo di giornalista e di saggista, tenendo a bada, per quanto mi è possibile, le simpatie e le antipatie. Per quanto riguarda Mitridate, non credo che vivesse sereno, visto che la cronaca ci riporta che egli usasse immunizzarsi con piccole dosi quotidiane di veleno (che a quanto pare gli furono utili, visti i numerosi tentativi di avvelenarlo). E allora ? Intendo dire che noi dobbiamo essere soltanto guida a noi stessi, e se la strada risulterà essere quella giusta saranno gli altri a seguirci nel buon esempio.

    • Buongiorno egregio amico,
      io non ho preconcetti formali e, quindi, nessuna difficoltà ad usare un più confidenziale tu se il mio interlocutore lo gradisce,
      analogamente da comune essere umano, quale io mi considero, non presumo di essere esente da quelle pulsioni spontanee che possiamo credere nascano dal cuore senza la mediazione della ragione; tuttavia, abituato come sono all’uso della logica, io avevo ben motivato, allo stato degli atti e cioè nei limiti della mia conoscenza, il sentimento che provo nei confronti del giornalista in argomento con la sua sicumera, ossia con l’impressione che suscita nell’ascoltatore di affermare sempre verità inconfutabili, atteggiamento mentale che non condivido perchè da sempre fermamente convinto che non esista la verità, ma le verità, essendo indimostrabile l’unica assoluta: quella concernente l’esistenza di DIO. Peraltro, per quel che può valere, ricordo l’aforisma di Giovanni Papini secondo il quale non bisogna mai fidarsi della prima impressione perchè é quella giusta!
      Mitridate lo ricordavo perchè verso la fine della sua vita dovette comprendere che anche la sua parte, e non solo Roma, poteva essere acquistata ed il prendere coscienza di ciò lo indusse al suicidio, con la spada e, come Nerone dopo di lui, con un aiuto esterno: il veleno infatti non aveva prodotto l’effetto sperato.
      Analogamente a quanto sopra affermato io credo pure che non esista la libertà, ma le libertà, tuttavia questo é un altro discorso.
      Ciao ed al piacere di rileggerti.

  3. Caro Amico “virtuale”, non è il “Tu” o il “Lei”, o, peggio, il “Voi” che fa la differenza tra gli uomini. Questi, agevolando la follia, tanto cara ad Erasmo, hanno elaborato tutta una serie mostruosa di sovrastrutture che hanno trasfigurato, sia nella forma che nella sostanza, l’essere umano. Sto leggendo l’ultimo saggio di Vito Mancuso, Il coraggio di essere liberi. Egli distingue una libertà da e una libertà per, e ritiene che gli esseri umani non siano nè attori che recitano un copione scritto da un altro (sia esso Dio o la natura), nè autori-registi-attori di un testo totalmente autoreferenziale, piuttosto qualcosa che sta delicatamente nel mezzo e che è possibile denominare libera volontà di armonia relazionale. In una parola sola, amore.Riconosco che mi piace questa sua visione dell’uomo; tuttavia la rispetto ma ho un’altra mia idea. Io non trovo alcuna discrasia tra “Natura e Dio”. Tutto è Uno, diceva Parmenide, e anche Pitagora, con i suoi numeri, riconosceva valenza all’Uno. Noi siamo in questa parte dell’Uno, senza alcuna particolare importanza. Siamo tuttavia grandi perchè partecipi di un Grande Disegno, e ogni cosa ce lo prova. Il trascendente è il percorso che tutto è destinato a compiere per raggiungere il fine ultimo. La Natura è Dio, così come noi siamo parte della natura e, quindi, parte di Dio. Tutto è parte di Dio, Entità Assoluta. Questa non ha nè la barba bianca, nè ha nome, perchè anche Dio è una convenzione. Il Tutto è il Tutto e non può essere ricompreso in alcuna definizione. Tutto si trasforma, ma nulla si crea nè si distrugge. Tremila anni fa lo diceva Democrito, anche se nei tempi moderni è stato attribuito a Lavoiseir e alla legge della termodinamica. Noi crediamo di essere “i favoriti” e quando abbiamo l’occasione pubblica di avere un ruolo crediamo di essere vicini, o alla pari, all’Essere Supremo. Pure follie umane, che quando s’invecchia, se non sono sorrette dalla saggezza e dalla conoscenza,diventano ansia, paure del vuoto, della solitudine; paura di se stessi. E anche i ruoli pubblici rivestiti in vita diventano angosce, perchè si scopre che in realtà non si è mai stati, e forse neppure mai esistiti. Buona giornata, e a presto.

    • Buongiorno caro amico,
      ti leggo sempre con piacere perchè riconosco il tuo impegno culturale ed i tuoi alti ideali, ma questa volta hai affrontato problemi che hanno riempito milioni di pagine di ponderati e ponderosi trattati e continuano, nonostante l’attuale visione materialistica della vita, ad essere oggetto di approfondite speculazioni degne di ogni rispetto. A riguardo della concezione panteistica, o meno, io mi attengo al consiglio che Virgilio indirizza a Dante nel canto terzo del Purgatorio: “state contente umane genti al quia” e non mi azzardo ad affermare od a negare che DIO é una convenzione, anche in questo sorretto dalla poetica affermazione di Trilussa: “…la fede é bella senza li chssà, senza li come e senza li perchè”. Per quanto riguarda gli altri argomenti posso certamente concordare che l’uso dei diversi pronomi nei rapporti tra gli uomini siano il frutto di una classificazione arbitraria dei medesimi, perlomeno in astratto, così come non posso fare a meno di constatare che la distinzione fra ” una libertà da ed una libertà per” non fa che confermare la relatività del concetto stesso di libertà!
      Circa l’abisso che separa ciò che l’uomo crede di essere da ciò che realmente é, ricordo che alcuni anni addietro tradussi come “classico greco” L’omelia per Eutropio di San Giovanni Crisostomo, che così principiava: “vanità delle vanità, tutto é vanità”, che in sostanza corrisponde al “Memento homo” del cristiano mercoledì delle ceneri.
      Affettuosi saluti.

  4. Caro Amico Virtuale, buongiorno, anzitutto. La tematica, che per puro caso si è introdotta nel nostro dialogo, può essere come non essere importante. Questo dipende sempre e solo dalla visione di sé stessi e del mondo che ciascuno ha. E’ difficile, se non impossibile, uscire dalla “vanità”, e su questo concordo, tuttavia credo che si possa fare un tentativo per vincerla, pur mettendo in conto la sconfitta. Nelle dinamiche umane, ma anche cicliche della natura, interviene sempre una coppia antagonista: positivo e negativo, elettroni e neutroni (vita e morte). Interrogarsi sul perchè forse è tempo perso. Ma non lo sarebbe, altrettanto, non interrogarsi ? Io vedo che al di là di tutto ciò che accade c’è un processo inarrestabile che continua ad aggregare e disaggregare organismi sempre più complessi. Non è “il bene” ? non è un fine ? Ad ogni buon conto, ciò che a mio avviso è importante, è il rispetto delle altrui convinzioni: ossia dell’altra metà ! E questo m’induce a pensare che forse aveva ragione Aristotele sul “giusto mezzo”. Detto ciò, e in premessa, desidero, ora, riservare una qualche riflessione alla condizione italiana “non donne di province ma bordello”. Anzitutto non ho nulla contro queste; anzi, in molti casi so bene che alcune sono state costrette dalla sorte a fare mercimonio del proprio corpo.Ciò precisato, la mia domanda è la seguente: come mai siamo arrivati al capolinea ? Per le mie “analisi” ho scelto un “Maestro” rinomato: ancora Aristotele. Questi partiva dalla cellula fondamentale di tutti gli aggregati umani: la famiglia biologica (senza alcun intento discriminatorio, sia chiaro da subito).In questa cellula, Egli diceva, “tutto era di tutti” e nessuno mancava di nulla. Dall’aggregazione delle famiglie, ci dice, sono state costituite le tribù, i villaggi, le città, gli Stati. Questi, però, nel corso dei secoli hanno sempre di più difeso gli interessi oligarchici in danno della maggioranza dei cittadini (anche F. De Martino, lo storico del diritto romano, ne era convinto, tanto che sosteneva che “gli stati si giustificano perchè la società è divisa in classi).La Comunità, perciò, non è più stata tale ed è diventata una sequela di corporazioni, tutte impegnate ad accaparrasi la maggior parte delle risorse, senza preoccuparsi minimamente di lasciare alcuni cittadini della condizione di indigenza assoluta (oggi in Italia ci sono oltre dieci milioni di poveri !). In questo contesto magmatico alcuni governi demagogici hanno elargito a destra e manca risorse pubbliche, senza alcuna coerenza, nè sul piano economico nè finanziario, da cui è scaturito un debito ormai divenuto ingestibile (circa 2200 mld di euro, con interessi di circa 80 mld all’anno). A fronte di questa situazione finanziaria disastrosa si riscontrano pochi ricchi che hanno accumulato enormi risorse (il 10 per cento che possiede oltre il 90%). Se ne potrà uscire ? Io credo di si, ma ad una sola condizione: che la società italiana diventi una “famiglia sociale”; una Comunità-statale. Ho lavorato in gruppo, nel passato, e so quanto sia difficile, pur tuttavia so anche che quando le energie erano corali i risultati si moltiplicavano. So bene di non avere esaurito la riflessione, nè di avere avanzato “la soluzione”, ma mi sarà senz’altro utile riprendere fiato. Buona giornata.